I FESTEGGIAMENTI PER IL 50° DEL NOSTRO ISTITUTO NEL PRIMO CENTENARIO DELLA NASCITA DI GUTTUSO

14.05.2012 18:40

 L'inaugurazione delle manifestazioni e della mostra

"PROMENADE - ITINERARI NELL'ARTE" 

 

  

GLI INTERVENTI DEL DIRIGENTE SCOLASTICO, PROF. ALFREDO PAPPALARDO

E DEL PROF. ROCCO GIUDICE, CURATORE DELLA MOSTRA

 

Hanno avuto luogo, dal 16 al 20 aprile, i festeggiamenti per il 50° anniversario della fondazione del nostro Istituto e del primo centenario guttusiano (da ricordare che Guttuso, nato il 26 dicembre 1911, fu registrato all’anagrafe il 2 gennaio dell’anno successivo: il Maestro può permettersi di vedere festeggiato per due anni lo stesso centenario). Grazie all’impegno del Dirigente Scolastico e dei docenti coinvolti nell’organizzazione, i proff. Rosa Scarabelli, Orazio Calì, Sebastiano Grasso e Rocco Giudice, le manifestazioni in programma si sono svolte come previsto, a parte qualche defezione dovuta a causa di forza maggiore che ha costretto qualcuno dei relatori a disdire all’ultimo momento l’impegno di partecipare agli incontri, fissati, del resto, con largo anticipo. Tutto, comunque, è proceduto nel migliore dei modi, a cominciare dall’inaugurazione della mostra “Promenade: itinerari nell’arte”, che ha avuto luogo lunedì 16, alle 17,30 e ha visto docenti, ex docenti e ex alunni prendere parte all’iniziativa. Sede della mostra e dell’intero ciclo delle manifestazioni è stata la ex Pescheria di Giarre, ristrutturata in modo adeguato alla nuova destinazione d’uso e confermatasi cornice ideale per ospitare iniziative culturali, modernamente funzionale e fruibile sia come spazio espositivo che come punto di incontro per presentazioni e dibattiti.

L’inaugurazione si è svolta di fronte a un pubblico in cui, accanto a quanti lavorano o studiano nel nostro Istituto o lo hanno fatto in passato, a personalità del mondo della scuola e del sindacato, nonché a operatori dell’informazione, non mancavano visitatori interessati a una iniziativa che vede il nostro Istituto porsi come luogo di dibattito e di produzione culturale nell’ambito del comprensorio.

Nel dare inizio alle manifestazioni, il Dirigente Scolastico del nostro Istituto, prof. Alfredo Pappalardo, ha sottolineato incisivamente proprio quest’aspetto, insieme, culturale e sociale, che è proprio di una scuola modernamente intesa come luogo di formazione e di aggregazione delle energie e delle realtà presenti nel territorio, di individuazione e di valorizzazione di risorse che, spesso, per le ragioni più varie e tanto più di fronte alle attuali difficoltà economiche generali, rimangono ai margini, inutilizzate e non di rado, condannate alla fatiscenza. Il Dirigente Scolastico ha proseguito rievocando le difficoltà in cui l’allora Istituto d’Arte fu voluto, fondato e successivamente, diretto da una personalità del mondo dell’arte quale Gesualdo ‘Dino’ Caruso, figura di artista che dedicò alla scuola, prima in qualità di Docente, quindi, come Preside, le proprie energie, messe al servizio di una funzione ritenuta, d’altra parte, non meno importante e del tutto confacente la vocazione artistica, quale la formazione dei giovani e lo sviluppo delle capacità e attitudini creative. Il Dirigente Scolastico non ha nascosto le difficoltà attuali in cui versa il mondo della scuola, affrontate con determinazione da tutte le componenti che vi concorrono, coscienti del particolare momento attraversato dalla nostra società nel contesto di una riforma scolastica che impone scelte drastiche e fa leva sul senso di responsabilità di quanti operano nell’ambito della formazione in tutte le sue articolazioni istituzionali e professionali.

Tuttavia, ha proseguito il prof. Pappalardo, sarebbe ingrato, oltre che un errore di prospettiva, dimenticare che non erano tempi così propizi nemmeno i primi anni Sessanta, segnati da un esodo migratorio iniziato nell’immediato dopoguerra: ma l’intuizione di quanti resero possibile e di chi, come Dino Caruso, fra gli altri, si batté per portare l’Istituto d’Arte a Giarre, si rivelò una scelta coraggiosa e insieme, proficua. Molti giovani che lavoravano a stretto contatto con le botteghe artigiane poterono ricevere un’istruzione adeguata che li portò a cimentarsi anche fuori della Sicilia con il mondo della produzione. Oggi, venuta a mancare l’esperienza delle botteghe, fortemente ridimensionate ancor prima dell’epoca della globalizzazione e con essa, del patrimonio diffuso della tradizione artigiana, il Liceo Artistico è chiamato a ripensare in profondità il proprio ruolo; ma, certo, questo non sarà possibile, ha concluso il prof. Pappalardo, senza conservare la memoria di una propria identità pedagogica, di un retaggio di esperienze e di valori che non possono non costituire un insostituibile retaggio cui attingere per gli operatori della scuola, per gli studenti, per il territorio.

Ha preso, quindi, la parola il prof Rocco Giudice, curatore della mostra, il quale ha ringraziato l’Assessorato alla P.I. del Comune di Giarre per l’ospitalità, il Preside, per la sensibilità dimostrata nell’accogliere il programma delle manifestazioni e per l’impegno svolto nell’organizzazione e realizzazione dei festeggiamenti, nonché i colleghi proff. Scarabelli, Calì e Grasso per la collaborazione prestata, oltre ai docenti, ex docenti e ex alunni che partecipano alla mostra. Il prof. Giudice ha, quindi, illustrato il senso di una manifestazione che offre l’opportunità di accostare nello stesso ambito di discorso due figure di artisti diversissimi, agli antipodi, quali Dino Caruso, tra i promotori, oltre che ex Dirigente, del nostro Istituto, da un lato; e Renato Guttuso, cui il nostro Liceo è intestato, dall’altro. L’uno, Caruso, artista legato al M.A.C., acronimo di Movimento Arte Concreta, uno fra i più importanti nuclei di avanguardia del secondo dopoguerra, tale da irradiarsi, dal 1948 al 1958 – termini cronologici in cui si inscrive il M.A.C. –, sulle esperienze successive più importanti, dalla pittura alla scultura al design nel segno di quella sintesi della arti che era stato uno fra i punti qualificanti del Bauhaus, cui il M.A.C. si richiamava per il tramite di Max Bill, estensore nel 1936 del Manifesto per un’arte concreta e precursore, con il critico André Bloc, del Movimento anche nella sua variante italiana.

Posizioni diametralmente opposte quelle di Renato Guttuso, nel momento in cui riprendeva quota in Italia la querelle fra i sostenitori – per esprimersi in maniera grossolana, ma, in mancanza di spazio, funzionale – del figurativo, sia pure rivisto alla luce della lezione delle avanguardie cubiste e post-cubiste, raccolti attorno al Fronte Nuovo delle Arti, di cui il Maestro di Bagheria era l’esponente di punta; e i fautori dell’astrattismo, che avevano in Lionello Venturi il proprio teorico e si raccoglievano nel gruppo Forma 1, che, con Dorazio, Perilli e Turcato, vedeva in prima fila alcuni nostri conterranei, come Consagra, Accardi e Attardi.

Guttuso e  gli artisti che, con lui, si riconoscevano nel Realismo Socialista, dottrina estetica ufficiale del Partito Comunista Italiano, che la riproponeva con convinzione dopo averla ricevuta dalle mani dell’U.R.S.S. e dalla mente a circuito chiuso di Ždanov, rifiutavano le derive informali dell’arte contemporanea. Forma 1, invece, ha continuato il prof. Giudice nella sua disamina, pur condividendo, nella stragrande maggioranza delle sue componenti, l’ideologia marxista, si rifaceva alle avanguardie storiche della Russia pre- e post-rivoluzione con il loro ampio spettro di opzioni, da Kazimir Malevic e El Lissistkij a Vladimir Tatlin. Non essendo possibile ripercorrere tutte le fasi del dibattito, il prof. Giudice ha parlato del M.A.C. come ‘terza forza’ o ‘terza via’, anche se i termini venivano citati come analogie per una approssimazione per eccesso, dato che il M.A.C. si voleva estraneo a una dicotomia attardata e alla riproposizione di una polemica, semmai, di sapore accademico e retrò: l’arte, per il M.A.C., era, prima che un’immagine della realtà naturale o storica o la proiezione di un’interiorità più o meno disgregata, un linguaggio che si esprimeva attraverso linee, colori, forme, gesti, tecniche, ritmo scaturito dalla composizione di materiali, strutture e cromatismi, anch’essi, nelle tonalità e negli accostamenti, dotati di un valore o di una funzione architettonica autonoma che superava le compartimentazioni tradizionali: cui, dopotutto, restavano legati sia figurativi, real-socialisti o meno, che astrattisti e informali.

Dal M.A.C. proverranno alcune fra le personalità artistiche che hanno segnato con la loro presenza la seconda metà del Novecento in ogni ambito della creatività, artisti poliedrici e sperimentatori di possibilità linguistiche e formali che andavano dalla pittura alla scultura, dall’architettura al design, dalla pubblicità alla poesia, per realizzare quella sintesi delle arti che faceva da ragione sociale del gruppo: arti che non dovevano semplicemente confluire come entità autonome in un contesto che le integrava, bensì tenendole distinte e separate come vi erano arrivate, ma che andavano fuse in partenza, in fase progettuale e nel concreto del fare, della téchne, dal momento che tutte utilizzavano elementi materiali e strumenti concettuali che le accomunavano: segno, colore, ritmo, struttura, equilibrio. Basterà fare i nomi di Bruno Munari, di Gillo Dorfles, che del M.A.C. fu teorico e critico di riferimento, oltre che artista in proprio; di Atanasio Soldati, Francesco Somaini, Piero Dorazio, Enrico Prampolini, ecc… Fino ai siciliani Aldo Indelicato e Michele Santonocito, entrambi architetti; per giungere, appunto, al pittore e scultore Dino Caruso.

Il prof. Giudice ha ricordato come le scelte artistiche di Dino Caruso, in controtendenza rispetto alle linee portanti lungo cui si assestava l’arte della nostra isola, lo condannassero a una marginalità particolarmente ‘punitiva’ in una regione periferica come la Sicilia. La sua scelta dell’insegnamento, d’altra parte, non riflette una posizione di ripiego, perché la ‘sintesi delle arti’ passava attraverso l’educazione, l’assunzione di responsabilità all’interno delle istituzioni educative. Peraltro, ha sottolineato il prof. Giudice, Caruso non intese mai la propria carica istituzionale in modo da favorire le tendenze e connotazioni a lui più congeniali, per costruirsi, cioè, una ‘base elettorale’ indirizzando docenti e studenti nel senso di una modernità non subordinata al primato della figurazione, ma interpretò il proprio ruolo – come si dice oggi – di Dirigente Scolastico in modo nobile, così da offrire agli studenti la possibilità di ricevere gli strumenti per formarsi da sé una coscienza artistica lontana da ogni atteggiamento pregiudizialmente pro o contro determinate scelte di stile, di poetica, di linguaggio rispetto o contro altre. D’altronde, nel momento in cui l’Accademia di BB AA di Catania sanciva la ‘vittoria’ del fronte pro-figurativo, non si poté (né si volle, certamente) evitare, all’interno di essa, di recepire e assimilare, nel tempo, le istanze più moderne che si venivano sempre più affermando in ambito artistico. In questo senso, Dino Caruso ha avuto ragione.

Il prof. Giudice ha, quindi, rinviato ai dibattiti dei giorni successivi per conoscere e approfondire nello specifico l’arte di Dino Caruso. Noi rinviamo alle pagine dedicate alla mostra per conoscere il pensiero del curatore sugli artisti che hanno partecipato alla stessa

La Redazione.