LA PROF.SSA CARMELA CAPPA INTERVIENE SU “RENATO GUTTUSO: IL MAESTRO”

14.05.2012 18:36

 

LA PROF.SSA CARMELA CAPPA INTERVIENE SU

 

“RENATO GUTTUSO: IL MAESTRO”

 

 ALLA EX PESCHERIA DI GIARRE, CONFERENZA-DIBATTITO RICCA DI SPUNTI

 PER UN GUTTUSO AL DI FUORI DEI CLICHÉ POLEMICI O CELEBRATIVI

  

Nel pomeriggio di venerdì 20, alle h. 18,00, nella sala-conferenze della ex Pescheria si è svolto, come da programma, l’incontro su “Renato Guttuso: il Maestro”, relatrice la prof.ssa Carmela Cappa, della Sovrintendenza alla BBAA della provincia regionale di Catania.

A introdurre il tema è stato il prof. Rocco Giudice, curatore della mostra “Il Bosco d’Amore”, svoltasi dal 17 settembre al 5 novembre dello scorso anno a Palazzo Valle, Catania, una delle poche manifestazioni celebrative del centenario della nascita del Maestro di Bagheria.

Il prof. Giudice ha esordito osservando come l’opera di Renato Guttuso sia, da alcuni anni, ridimensionata, se non anche nell’attenzione del pubblico, nel giudizio di una critica non sempre capace di andare oltre i pregiudizi cui fanno velo, non di rado, istanze ideologiche in un senso o in un altro o troppo rigidi criteri di poetica, che, dalla esaltazione alla polemica, permettono di chiudere senza troppo impegno questioni da esaminare, viceversa, in modo puntuale, distaccato e più obiettivo.

Guttuso, secondo il prof. Giudice, non ha nulla da temere né da revisionismi ideologici e critici né da polemiche centrate sul suo ruolo, come è d’uso accusarlo, di artista di partito e per di più, artista chiuso in una visione estetica che lo vedeva fermo a posizioni di retroguardia, rispetto agli sviluppi dell’arte post-bellica: dato ciò per scontato, si procede, poi, a liquidazioni sommarie, senza troppi riguardi né per l’effettivo valore dell’opera né per l’idea di pittura concretamente professata, praticata e difesa da Guttuso. Al quale, però, non interessava un Realismo compilatorio, mimetico, letterale, allo stesso modo in cui nulla gli diceva un’arte che avesse come assioma fondamentale il rifiuto categorico della figurazione e che poteva essere almeno altrettanto mistificatrice e leziosa della figurazione più futilmente decorativa e accessoria.

Pur ritenendo legittimo che si discuta in maniera anche fortemente critica questo o quell’aspetto dell'opera come del ruolo culturale del Maestro di Bagheria, Guttuso, ha sostenuto il prof. Giudice, non può essere visto in modo da riportare il valore della sua opera a criteri estrinseci e non di rado, strumentali. Soprattutto, venendo alle accuse più insidiose, ma, non perciò, meglio fondate, Guttuso è stato artista tutt’altro che retrogrado o provinciale.

La sua arte si è nutrita di un confronto costante con i classici antichi e moderni, reinterpretandone con rigore, ma senza feticismi manieristici la lezione. Il confronto con i modelli più insigni ha sempre costituito un riferimento imprescindibile per un lavoro che non concedeva nulla all’improvvisazione o all’estro, di cui Guttuso non si compiaceva come non si contentava dei risultati di un lavoro che secondasse passivamente l’impulso creativo, mentre l’impegno artistico vero e proprio consisteva nel filtrare quanto scaturiva da istanze autonome e talento proprio, allo stesso modo di ogni aspetto del progetto e della realizzazione, attraverso una conoscenza profondamente meditata e continuamente rinnovata dell’arte antica e moderna. Pochi altri artisti e intellettuali impegnati nei più diversi ambiti della cultura – scrittori, registi, saggisti, poeti – hanno saputo documentare con la stessa sensibilità e energia di Guttuso i profondi mutamenti della società italiana in modo tanto minuzioso, partecipe e attento, dagli anni Trenta alle convulsioni edonistiche degli ‘effimeri’ anni Ottanta: un diario della nostra società che potrebbe offrire agli storici sufficiente materiale per interrogarsi e per ricostruire un periodo denso di trasformazioni cruciali.

La prof.ssa Carmela Cappa, in premessa al proprio intervento, ha sottolineato come l’arte di Guttuso andrebbe interpretata senza prescindere dall’intento che ne ha animato e accompagnato l’evoluzione, scandendone le stagioni: una adesione alle ragioni più profonde dell’uomo, quale storicamente e concretamente diviene; e pertanto, la condivisione, attraverso l’arte, delle ansie, angosce, tribolazioni e speranze che gli uomini vivono nel tentativo di conquistarsi una vita più dignitosa e più libera. Proprio questa scelta di campo, di fede nei valori di un umanesimo non subordinato al predominio della tecnica e del consumismo, ha condotto Guttuso a polemizzare con le derive dell’Informale e dell’Astrattismo, espressioni artistiche della perdita di una visione della realtà incentrata sui valori umanistici. Si può condividere o meno, ha precisato la prof.ssa Cappa, la posizione critica di Guttuso rispetto alle correnti d’avanguardia, ma non si trattava di posizioni pregiudiziali, dovute a dogmatismo ideologico o a partigianeria di scuola, quanto di scelte meditate e motivate, che portarono Guttuso a apprezzare esponenti dell’Informale come Jackson Pollock e a dialogare fruttuosamente con artisti molto distanti dalla sua arte, come Mario Schifano. Semmai, in questa polemica annosa pro- o contro l’arte figurativa, Guttuso ha incontrato gli avversari più intransigenti all’interno dello schieramento politico cui egli era omogeneo, anzi, organico.

La prof.ssa Cappa ha preso spunto dagli autoritratti di Guttuso, in cui l’immagine dell’artista è tutt’uno con l’arte attraverso cui egli si raffigura e dai quali emerge la capacità di rendere incisivamente i tratti e il carattere della persona, l’intensità degli atteggiamenti che la caratterizzano, le attitudini fondamentali decantate dalle congiunture che potevano distorcerle o determinarle, fuori dalle distorsioni che prospettive misurate sugli assilli di ogni giorno non consentono di rilevare appieno. Sono opere in cui si risente la lezione dei grandi del Rinascimento, da Antonello a Lorenzo Lotto, la loro visione di una umanità colta nella sua dimensione personale e sociale, biografica e storica e insieme, nella cifra ulteriore che definisce ogni volto e che non si riduce alla sommatoria di vicende che hanno plasmato un’immagine e segnato un carattere.

La prof.ssa Cappa ha proseguito, quindi, esaminando le opere in cui, dal singolo alla collettività, dal dato personale alla proiezione corale, la pittura di Guttuso ha partecipato e concorso, non semplicemente rispecchiato la storia del nostro Paese. Opere in cui le vittime della mafia, della guerra, come nel ciclo di disegni del ’44 dal titolo Gott mit Uns, quelle delle lotte per la terra e per il lavoro trovano in Guttuso un’interprete che dava a queste tragiche vicissitudini storiche e sociali una espressione di potente valore testimoniale e allegorico, da erede della tradizione dei grandi del Rinascimento e dell’arte moderna: dalla celebre “Crocifissione” a “Fuga dall’Etna”, affiancate dalla prof.ssa Cappa a lavori come “Portella della Ginestra” e “Le donne dei minatori”, con al centro protagonisti e vittime del lavoro e delle lotte per il lavoro: opere di respiro epico senza essere nudamente assertive né tantomeno declamatorie, come emerge dal rifacimento guttusiano de “La zattera della Medusa”, di Géricault.

La prof.ssa Cappa ha, poi, esaminato le due versioni de “La battaglia di Ponte dell’Ammiraglio”, opera che suscitò polemiche a non finire, su cui la prof.ssa Cappa ha voluto soffermarsi per dare risalto alla figura del venditore d’arance – che, nella prima versione dell’opera, ha il volto dell’autore, rimosso nella seconda, in cui Guttuso darà il proprio volto alla camicia rossa con la sciabola sguainata – ucciso perché preso tra i due fuochi e in cui si rileva, così, l’attenzione di Guttuso alle tragedie minime, ai fatti più impensati nel tumulto di avvenimenti più grandi che non devono fare dimenticare nessuno, ignorare o cancellare la singolarità e eccezionalità di chi, per caso, per scelta, per vocazione alla libertà o per necessità, si trovi coinvolto nella storia e nel destino di tutti.

Altra opera significativa del clima sociale e intellettuale del dopoguerra, “La spiaggia”, in cui l’elemento centrale della poetica del Realismo Socialista, le scene di massa, è significativamente disperso nell’aneddotica minuta delle prime spiagge che si vanno riempiendo – man mano che si esce dalla tragedia della guerra e ci si avvia al boom economico della seconda metà degli anni Cinquanta – di bagnanti, dai corpi espressionisticamente tesi al raggiungimento del benessere che li coglie in una vitalità meccanica o nell’inerzia non ancora sbozzata dalla fatica, in un momento di solitudine assorta, di cui le figure portano il peso nel momento meno adatto per meditarvi, come sapessero di una sospensione patetica della gioia cui ripensare in seguito o perché altri possano riflettervi; nelle membra non del tutto digrossate dalle privazioni sofferte a causa della guerra appena conclusa e d’altra parte, quasi gravate da un’abbondanza, appena pregustata, in cui pare esse debbano scontare un’altra minaccia, un’oppressione meno visibile che gli starà addosso e ne saturerà gli entusiasmi. Il grande critico Roberto Longhi, per questo dipinto di Guttuso, troverà un parallelo ne Une dimanche après-midi a l’Île de la Grande Jatte, di Georges Seurat, uno fra i momenti capitali dell’arte che prelude alle rivoluzioni del Novecento.

Quindi, la prof.ssa Cappa è passata a Boogie Woogie, che, nel 1953, folgora sulla breccia le mode artistiche incombenti importate da Oltreoceano: per Guttuso, la frenesia per ciò che appare trasgressivo, il modo acritico in cui le nuove correnti artistiche sono accolte e diffuse nel nostro Paese somiglia a una sorta di danza voodoo, la pittura astratta e informale sono, per molti degli artisti italiani che si affrettano a modernizzarsi per questa via, quello che la musica del juke-box è per la gioventù nottambula e spenta, agitata e catatonica raffigurata nel dipinto: qualcosa di orecchiato, di falsamente disinibito, che trova una sanzione iconografica nel dipinto di Piet Mondrian sullo sfondo del locale. La portata polemica dell’opera è resa più dirompente da una così sottile allusione, in cui si riconosce l’eleganza, la finezza critica e insieme, l’intuito e l’intelligenza pittorica di Guttuso.

Quindi, la prof.ssa Cappa ha analizzato i nudi femminili, da Guttuso resi in maniera personale attraverso il confronto con i grandi, da Manet a Courbet; e dopo aver accennato alle opere degli anni Settanta, dal grande dipinto celebrativo “I funerali di Togliatti” a “La Vucciria”, la prof.ssa Cappa ha esaminato l’ultima fase dell’attività artistica di Guttuso, quella delle Allegorie, fitte di rimandi a Dürer, Leonardo, Botticelli, Caravaggio, ma anche a Maestri suoi contemporanei, come De Chirico e Picasso. In queste opere, l’artista appare, spesso, all’interno dei propri dipinti, ritratto nel proprio studio o indirettamente evocato dalla rappresentazione, fantastica e appunto, allegorica dei luoghi in cui viveva, dal giardino della casa in cui abitava allo studio, a Velate.

In particolare, la prof.ssa Cappa richiamava “La visita della sera”, del 1980, un paesaggio vespertino, dominato dalla presenza enigmatica, anzi, dal passaggio della tigre, che, sorta da chissà dove, destruttura l’immagine e il senso: una presenza – più perturbante di un presagio, che offrirebbe più facile lettura –  che trasforma, si vorrebbe dire, come per magia il visibile in quella che potremmo definire una visione, se vi si può ravvisare una reminiscenza e un’allusione a un simbolo che ritroviamo in William Blake, nelle cui poesie – non dipinti e incisioni, dunque – figura Cristo, la tigre. Artista distante toto coelo da Guttuso, ma simbolo tutt’altro che estraneo alla sensibilità inquieta di Guttuso, quale si manifesta senza reticenze nell’ultima fase della sua attività.

Al termine dell’intervento della prof.ssa Cappa, è intervenuto il Dirigente Scolastico del nostro Istituto, prof. Alfredo Pappalardo, che ha ringraziato la relatrice e i docenti che sono stati impegnati nelle manifestazioni celebrative, tracciando un bilancio positivo di esse e invitando a trarre dall’esperienza nuovi stimoli e suggerimenti per le future iniziative che impegneranno personale docente e alunni del nostro Liceo.

 

La redazione.