Wislawa Szymborska, una grande poetessa.

14.04.2012 20:42

 

Wislawa  Szymborska è nata a Kòrnik (Polonia), nel 1923. Nell’anno 1931 si  trasferì a Cracovia con la  famiglia, città  alla quale è stata molto legata: vi ha studiato, vi ha lavorato e vi ha vissuto fino alla morte.

Durante la Seconda Guerra mondiale, continuò gli studi liceali sotto l’occupazione tedesca, seguendo corsi clandestine e conseguendo il diploma nel 1941. A partire dal 1943, cominciò la sua carriera  di artista, cominciò a scrivere racconti ed anche delle poesie. Nel 1945 pubblicò la sua prima poesia, “Szukam slowa” ("Cerco una parola").

Ben presto venne  coinvolta nel locale ambiente letterario, dove incontrò Czeslaw Milosz, che la influenzò profondamente. Aderì al realismo socialista e sottoscrisse petizioni politiche ed elogiò Stalin e Lenin. In seguito, la poetessa prese le distanze da queste idee politiche giovanili.

Negli anni ’80, si impegnò per il sindacato clandestino Solidarnosc. Nel 1996 è stata insignita del premio Nobel  per la Letteratura, per una poesia che, con ironia e precisione, permette al contesto storico e  biografico di venire alla luce in frammenti densi di umana realtà. Le sue opere sono state tradotte in numerose lingue.

Dopo diversi mesi di malattia, il 1 Febbraio 2012, Szymborska è scomparsa nel sonno, a Cracovia.

Per la Szymborska, la poesia descrive la realtà della vita, ciò che lei osserva, per esprimerlo con un linguaggio quotidiano, evidenziando sentimenti ed emozioni elementari ed essenziali nella complessità della vita degli uomini.          

         

                                                 IL   MELO

 

Nel mese di maggio, sotto un bel melo

Che scoppia di fiori come di risate,

che è incosciente del bene e del male,

e scrolla in proposito i rami,

 

che è  di nessuno, chiunque sia che dice di lui “mio”;

gravato solo dal presentimento del frutto,

 

che non è curioso di sapere quale anno, paese

quale pianeta e verso dove rotoli,

 

che è così poco a me parente, e così estraneo

da non consolarmi nè spaventarmi,

 

che è indifferente, qualunque cosa accada,

tremante di pazienza con ogni fogliolina,

 

che è inconcepibile, come se lo sognassi,

o sognassi eccetto lui,

un tutto troppo trasparente e arrogante

 

restare ancora, non tornare a casa.

A casa vuole tornare solo il prigioniero. 

 

Il melo rappresenta qualunque essere vivente, uomo o donna, vecchio o bambino. Si intravedono molti sentimenti che sono descritti sotto forma di elementi naturali.  E’ come se  l’ uomo fosse capace di possedere il bene e il male nello stesso momento e  si scrollasse di dosso il peso delle responsabilità. Secondo la poetessa, l’uomo è libero, non appartiene a nessuno ed è ricco solo dei suoi sentimenti.

Agli altri non interessa da dove viene, dove vive, da quale pianeta provenga e dove è diretto. Ciascuno è un estraneo che vive in mezzo agli altri. Chiunque sia, è uguale a noi, alternando comportamenti arroganti e insieme, comportamenti rispettosi degli altri.

Leggendo la poesia “Il melo“, mi tornano in mente alcuni momenti di quando ero bambina, con i miei compagni  in giardino a giocare. Ci arrampicavamo sugli alberi, specialmente su quello del melo, raccoglievamo i frutti; poi, li tiravamo giù e gli altri bambini li prendevano. Era bellissimo.

 

Silwya Fichera II A. 

 

 

 

 

 

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