La funzione pedagogica dell'arte

La funzione pedagogica dell'arte

 

Malgrado non manchino ragioni e occasioni per smentire questa convinzione diffusa, la funzione dell’arte può essere ancora considerata pedagogica. Se pensate che l’arte sia o debba essere necessaria, ebbene, sappiate che, almeno, l’arte è utile alla società, che farebbe bene a non lasciarsi sfuggire l’occasione preziosa di saperne di più, per esempio, su se stessa, su quello che significa farne parte e su quanto possa essere meraviglioso essere ammessi a ricevere questo onore.

Quanto a finalità pedagogica a uso della collettività, l’arte è rimasta pressoché sola a assolvere questo delicato ufficio: non si può affermare lo stesso – o non con la stessa sicurezza – di organismi istituzionali o di forme del sapere istituzionalizzato. Prendiamo la scienza: è necessaria, certo e tante grazie, ma – paradossalmente – è davvero, sempre e comunque, anche utile, nelle sue concrete applicazioni? O alla portata di tutti? Siamo in grado di controllarne gli sviluppi, di neutralizzarne le controindicazioni, di avere una chiara visione del rapporto costi/benefici o essa non sfugge al nostro controllo, come è logico accada con tutto ciò che non conosciamo abbastanza bene? Ci sarebbe la religione, ma, da tempo, essa non è più un riferimento centrale, unico e assoluto. Poi, c’è la politica: che, per tacer d’altro, non ha dato buoni frutti, ogni volta che qualche regime con pretese di eticità e igienicità ha cercato, mediante vasti programmi di (ri)educazione permanente, di plasmare in serie, anzi, di clonare cittadini a propria immagine e somiglianza.

Quindi, ci crediate o no, l’arte è l’unica ‘pratica’ che, sfuggendo alle incombenze delle altre (la produzione e quindi, l’economia; la conoscenza e quindi, la scienza; il senso e quindi, la filosofia; l’anima immortale e quindi, la religione; i corpi deperibili e quindi, il fitness; le tasse e quindi, lo Stato), ha pretese di universalità (si rivolge a tutti) a fini di promozione di valori non negoziabili (la bellezza, una volta: oggi… Pensateci voi. Ecco, la libertà di pensarci o non pensarci.)

Certo, non mancano espressioni che sembrano smentire questa affermazione e questa fiducia nella funzione educativa dell’arte: la ricerca dell’effetto, il miraggio della visibilità, il ricorso a tutto quanto fa notizia mediante provocazioni conformi allo scopo, a costo di suscitare ripugnanza, rientrano nelle regole del gioco di prestigio e fra i numeri in cartello dello spettacolo sempre in onda nella società delle immagini. La democrazia all inclusive del gusto sembra giustifichi ogni arbitrio e autorizzi qualunque abuso. Si ritiene che, essendo, oggi, tutti emancipati per diritto di nascita dai pregiudizi e dalle convenzioni, si possa consentire a ogni forma di stravaganza e di qualunque eccesso, pur di distinguersi dalla ‘massa.’ Solo che la massa critica di coloro che vogliono spiccare dalla massa amorfa è altrettanto poderosa di questa: e così, ecco fallire questi tentativi furbeschi e puerili. L’originalità ottenuta per questa via, correndo come pazzi sulle autostrade informatiche, immersi nella blogosfera come se fosse l’accesso garantito al mondo reale, è una maschera più fragile di altre.

Comunque, per quello che ci è consentito sapere, gli anticorpi, nella Babele multimediale del mondo di oggi, nel frastuono mediatico dell’on line a reti unificate, ci sono. Come ci sono, del resto, tante altre sirene che incantano giovani e meno giovani, per doversi allarmare solo contro quelle che infestano il mondo dell’arte – protagonisti del gossip, icone della sovraesposizione via etere e via cavo, re della mondanità, principi della moda, servi coronati dello star-system, testimonial interessati della democrazia digitale tutta da dimostrare e via cantando e suonando e ballando.

Gli agenti palesi di una azione disintossicante dalla pervasiva onnipresenza dei fantasmi che si agitano sulla scena sociale e intellettuale, dietro il protettivo schermo d'un televisore o un  display, proiezioni catodiche che i giovani sono più esposti di altri a scambiare per solida realtà, non mancano. Non è nemmeno qualcosa di così raro o di inaccessibile come, forse, sembrerebbe a prima vista. C’è pur sempre, in giro, nel giro del mondo dell’arte contemporanea, qualcosa che non solo riflette sentimenti o esigenze collettive, ma che invita a considerare le cose intorno a noi e dentro di noi in modo, volta a volta, più distaccato o partecipe, così da dare una forma alla nostra sensibilità.

Il discorso si complica se pensiamo alla scuola e quindi, all’arte di formare persone in grado di agire responsabilmente, che è un’arte non inferiore alle altre (copyright che dobbiamo a Platone, se non fosse che al grande filosofo greco l’arte non piaceva granché proprio perché faceva concorrenza alla politica alle dirette dipendenze della filosofia – la sua, beninteso; semmai, l'arte era una pericolosa fonte di corruzione, un fattore diseducativo, addirittura); il che comporta responsabilità più grandi, forse, di quanto si sia disposti a riconoscere, di solito.

Ma che dire di una istituzione scolastica come il Liceo Artistico, che, in linea di principio, per statuto, forma artisti? Che educa, cioè, a diventare, nel senso suddetto, educatori – gente disposta a difendere con le unghie e i denti (colori, pennelli, spatole, scalpelli, foto, video, ecc…)  la causa della vita estetica, il primato della felicità di esprimersi, anche quando si hanno da dire cose non del tutto piacevoli; a solcare e soprattutto, a lasciare aperto e anzi, a accrescere lo spazio dell’avventura, l’avventura della verità in cui, magari, si è soli, all’inizio e in cui ritrovare con gli altri le cose amate?

Appunto, non diremo niente del nostro Liceo, perché parlano ragazzi e ragazze che lo frequentano e che espongono le rispettive opere in questa galleria-museo virtuale. Una specie di rito passaggio alla realtà che attende ogni talento al di fuori dei confini sicuri dove è bene che si formi una personalità che non deve smaniare di essere riconosciuta prima di riconoscersi in quello che è in grado di fare. Di fronte alle opere dei nostri giovani, ci sembra, a proposito della funzione educativa dell’arte, che essa operi in modo diretto, oltre che attraverso la mediazione degli insegnanti. Qualcuno dei nostri ragazzi e ragazze si richiama ai Maestri, ma con un’umiltà priva di deferenza; o cercano di affermare un segno proprio anche nella ricerca di sé e di uno stile personale; o azzardano una scommessa in cui mettere alla prova il talento di cui, allo stato, sono padroni di disporre, senza le pressioni che scattano nelle varie circostanze e i condizionamenti di ogni genere con cui dovranno fare i conti, prima o poi.

In ogni caso, siamo già al di là del pur importante momento del confronto e dello stimolo che ne deriva. I giovani ci sorprendono. Gli auguriamo che continuino a farlo anche in futuro, per regalarci l’opportunità di condividere con loro uno dei doni della loro età, quello di lasciarsi catturare da un’emozione, da un’immagine, da un segno: che non giunga mai per loro il tempo in cui non sapranno più sorprendersi di nulla.

La Redazione.

 

"Osservare lì dove gli altri sanno solo vedere"